Intorno ai Bes e dintorni, una mamma racconta (3)

Continuano le mie riflessioni sul convegno sui BES e una frase detta al convegno in particolare continua a rigirarmi nella testa "Pensami adulto".
Nel convegno "Pensami adulto" è stata usata per far capire che spesso i genitori non lasciano autonomia ai figli e con questo atteggiamento non gli hanno permesso di fare i loro errori e crescere.
Ma a me questa frase fa pensare anche ad altro, al futuro di mia figlia, al pensiero di quello che potrà fare da grande e al percorso che dovrà affrontare per diventare una persona autonoma e serena e questo mi fa molta paura.

Pensando al primo significato mi chiedo:: sto dando la giusta autonomia a mia figlia?
La risposta è difficile e forse nemmeno univoca. Nella vita scolastica e dell'apprendimento certamente sto molto vicino a mia figlia, la accompagno, la indirizzo e forse qualche volta mi sostituisco a lei: ad esempio solo da quest'anno (prima media) ho lasciato che si preparasse autonomamente lo zaino, mettendo in conto anche che andasse a scuola senza il materiale necessario e nei compiti sono sempre accanto a lei a giudarla, oppure c'è la volontaria che la segue in questa attività. Dovrei lasciarle fare di più da sola?  Questo non potrebbe metterla troppo in difficoltà e crearle problemi di autostima? Oppure può il mio atteggiamento non renderla maggiormente autonoma ? E infine chi mi può dire fino a dove la devo aiutare?
Nella vita al di fuori della scuola ho sempre cercato di lasciarle il massimo di autonomia combattendo a volte con mio marito e con le mie paure. Julia si muove nel quartiere autonomamente, si veste e si lava in autonomia, sceglie con quali amici andare a giocare. A volte questa autonomia è stata considerata da altri come eccessiva libertà da parte mia, ma anche come mancanza di attenzione da parte nostra e irresponsabilità. Nelle attività di tipo ludico, sportivo, culturali ho sempre scelto io per lei, ma non l'ho mai obbligata a fare ciò che non le piaceva. Mi spiego meglio, se chiedi a lei che sport o che altra attività vuole fare dice che non lo sa, che non vuole fare nulla. Così io ho sempre cercato di indirizzarla, di cercare di capire quali sono le sue attitudini e proporle attività che le esaltassero; tutte le volte ho dovuto forzarla a fare lezioni di prova, ma spesso poi è risultato che quella specifica attività le piaceva e decideva di farla, quando poi decideva di non farla più l'ho sempre ascoltata e cercato altre attività.
Insomma mi viene da dire che non è così facile pensare i nostri figli adulti, ma sopratutto che ogni figlio è un caso a sé e quello che per uno è troppa presenza dei genitori, per l'altro è invece giusto. Questo ancor più lo vedo pensanda alla figlia più grande, che certamente ha avuto più autonomia rispetto a Julia: già in seconda o terza elementare faceva i compiti per conto suo, non le preparavo zaino. In quinta elementare prendeva l'autobus da sola per andare in biblioteca, gli sport e le attività extra-scolastiche se le è sempre scelte e autonomamente ha sempre deciso cosa portare avanti e cosa lasciare indietro. Eppure anche in questo caso sono stata criticata: la mettevo troppo a rischio lasciandola girare per la città, le lasciavo libertà per potermi occupare di Julia, faceva e continua a fare toppe cose e frequenta troppe persone più grandi di lei. Insomma le critiche da parte degli altri arrivano sempre.

E allora come fa un genitore a sapere qual'è l'equilibrio giusto tra autonomia e controllo ?

Veniamo al secondo significato di "pensami adulto", come sarà mia figlia da grande, sarà in grado di affrontare una vita "normale", con un lavoro, delle amicizie e magari anche una sua famiglia ?
E' giusto che io pensi oggi che ha 12 anni al suo futuro? E' troppo presto? E' un voler scegliere io per lei ?
E poi, perché queste domande me le faccio solo per Julia? Perchè per Micol il suo futuro non mi mette ansia e preoccupazione, ne mi fa sentire in obbligo di pensare ad un suo percorso di studi particolare ?
Certo la risposta è semplice, Micol è in grado di scegliere da sola di pensare e decidere da sola per il suo futuro, mentre Julia non è in grado. Ma allora i pedagogisti mi direbbero che non è in grado perché non le lascio fare le sue scelte e i suoi errori, mentre a Micol lascio fare da sola? No, non credo, eppure ogni volta che sento queste critiche mi sento insicura e un po' in colpa. E poi in tanti mi dicono: è presto pensare al suo percorso di studi ora che è in prima media, ma io mi dico, il tempo passa velocemente ed è necessario che già da ora si avvicini al percorso di studi più adatto a lei.
Ecco la scelta della scuola superiore, quanta ansia!!!
Forse se Julia fosse la più grande non avrei così tanta ansia, ma avendo già accompagnato nella scelta Micol, mi sono resa conto che le richieste delle scuole superiori di oggi sono molto elevate per le capacità di Julia e sopratutto non so se ha senso faticare a studiare per nozioni che non utilizzerà mai.
Così ho iniziato a cercare di capire i programmi, le materie, gli indirizzi e mi sono scontrata con una realtà di cui non conoscevo. Quelli che alla mia epoca erano istituti professionali triennali non esistono più, sono stati portati tutti a 5 anni. Esistono corsi professionali di 3 anni, ma almeno nella mia provincia e regione, sono molto pochi e di tipo prettamente "maschile". I corsi per i quali trovo che mia figlia possa essere maggiormente portata (agricoltura/allevamento) sono pochissimi (e in alcuni casi inesistenti in regione) e lontani da casa che porterebbero alla necessità di stare fuori durante la settimana, ma chi aiuterebbe a quel punto Julia nello studio ?
Possibile che in una provincia dove l'agricoltura e l'allevamento sono considerati una risorsa importante non si pensi a creare una formazione base, di tipo prevalentemente pratico nel settore ? E cosa può fare un genitore per far attivare corsi che sulla carta ci sono, ma invece non esistono in pratica ?

Ecco sopratutto questa ultima parte è il mio pensiero fisso su cui davvero avrei bisogno di potermi confrontare con qualcuno.
Di Emanuela