Riflessivi, né favorevoli, né contrari


In uno dei nostri primi post avevamo affrontato il problema della riflessione a scuola. Avevamo sottolineato la necessità di trovare spazi per riflettere in modo sereno, ma anche critico sul nostro “fare scuola” con i ragazzi e in relazione con i loro genitori.
Uno dei problemi che si incontra più di frequente è la difficoltà di affrontare la complessità. Siamo sempre alla ricerca di semplificazioni, di ricette e di esperti e ci sentiamo sempre meno adeguati ad affrontare in prima persona i problemi che si presentano.
Invece, è proprio partendo dalla nostro esperienza, da ciò che facciamo, che siamo, dai successi e insuccessi che può partire un agire più consapevole. Esperienza è ciò che viene dopo l'agire, è ciò che la nostra mente rielabora, ma per poter rielaborare bisogna ripensare a cosa si è fatto, come, quando o che effetti ha avuto e via dicendo. E ancora di più condividere le nostre riflessioni con quelle degli altri.
Non c’è una situazione uguale ad un’altra e la semplificazione rischia di fare grossi danni.
Una delle ultime questioni dibattute è l’uso di internet a scuola, in particolare per comunicare ai genitori la valutazione in sostituzione dei vecchi giudizi.
Alcuni, come lo scrittore Edoardo Nesi,  vedono in questo passo il rischio di “spegnere il rapporto genitori-professori”, altri come Rossi Doria vede in questa decisone un vantaggio per risparmiare denaro e tempo da utilizzare, a suo dire, proprio nel rapporto: «Una modernizzazione dei mezzi di comunicazione non per forza esclude la relazione genitori ragazzi- docenti, la relazione deve restare un tratto decisivo della nostra scuola. Non ci si dovrà fermare al solo impulso delle informazioni: ci vuole tempo dedicato alle relazioni. La fine del supporto cartaceo non può cancellare l’educazione: il dibattito è aperto”.

Il dibattito è aperto, dice Rossi Doria, ma dove si fa questo dibattito? Come sempre si procede  per contrapposizioni che però non vanno a fondo dei veri problemi. E come sempre il dibattito si svolge sui giornali o su internet, ma non si porta là dove si sta lavorando nel concreto della quotidianità. 
Può essere che non sia l’uso di internet a compromettere la relazione con i genitori. Ma è altrettanto vero che oggi questa relazione, è nella maggioranza dei casi seriamente compromessa. 
La prima considerazione che ci viene da fare è che si stanno affrontando molti problemi contemporaneamente senza metterne a fuoco nessuno. Ci proveremo noi:
1) Si sta discutendo sull'uso di internet a scuola? o 2) su come parlare di valutazione ai genitori, come   cioè spiegare ai genitori i nostri voti? e già così vediamo che la questione non è semplice.
Ma c'è n'è una ancora a monte: il rapporto genitori-insegnanti, una questione fondamentale e molto controversa.
Come dicevamo in un post precedente quello che oggi sembra dominare è un gioco di reciproche diffidenze e paure. Un circolo vizioso che bisognerebbe interrompere per costruire un’alleanza solidale nell’interesse del bambino e della sua crescita.
Di questo chi parla? Si discute nelle scuole per affrontare questo problema? Quale iniziative si potrebbero prendere perché i genitori trovino nella scuola un luogo dove incontrarsi e confrontarsi e quindi anche crescere?
Alcuni genitori, d’altra parte, entrano nella scuola prevenuti e arroccati a difesa.
Troviamo sterile una discussione che si limiti a difendere o attaccare un processo semplicemente burocratico. La sostanza del problema è ben diversa e i racconti che si fanno sul rapporto tra adulti nella scuola molto spesso non sono edificanti. Dovremmo proprio partire dalle esperienze vere senza pregiudizi con una precisa volontà, quella di affrontare anche le difficoltà nella consapevolezza che il centro del problema sono sempre e solo i bambini che della nostra conflittualità e della nostra incapacità di dialogare fanno le spese. 
Il liquidare questo problema con poche battute o “favorevoli” o “contrarie” non dà il senso della complessità di questo problema, non ci dice nulla su cosa fare, non stimola a tentare strade nuove, percorsi più creativi proprio come deve succedere quando le situazioni sono difficili e apparentemente senza soluzione.
Racconteremo noi delle esperienze, speriamo che qualcuno ci mandi le proprie. Intanto, dobbiamo ammettere che:
"Dialogare è difficile: occorre ammettere a priori la possibilità di uscire diversi da come si era all'inizio di abbandonare convinzioni precedenti, di riconoscere propri errori. Per questo siamo così disabituati al dialogo. Siamo tutti legati alle nostre idee; anzi, le nostre idee ci legano e, al tempo stesso, ci proteggono e danno sicurezza. Ci sembra che, se le si tocca in qualche modo, siamo noi stessi a essere intaccati.Se siamo colti in fallo, non ci sentiamo liberati da un errore, come dovrebbe essere, ma ci sentiamo umiliati. Così sebbene da ogni parte s'invochi il dialogo come toccasana d'ogni difficile convivenza, raramente se ne accettano i presupposti e le conseguenze".
Da La felicità della democrazia. Un dialogo di Gustavo Zagrebelsky e  Ezio Mauro