Ci sono bambini “invisibili”, sembrano di vetro


Mi capita spesso di guardare i bambini nell'intervallo  Li vedo raccogliersi a gruppi, ridono, giocano, si scambiano i messaggini, parlano. In ognuno leggo il desiderio di aggregarsi, di stare “insieme”. Tra loro qualcuno emerge, gli sguardi sono su di lui e gli altri sembrano corteggiarlo per avere la sua attenzione, fanno a gara per essere notati. Altri attaccano briga, litigano, a volte minacciano, ma non sono mai soli.
Alcuni portano a vedere l’ultimo gioco come avessero bisogno di una mediazione per entrare in relazione agli altri.
Qualcun altro, invece, va da un gruppo ad un altro alla ricerca di una sua collocazione: è indeciso, si ferma ad ascoltare e a guardare e difficilmente parla. A volte ci prova e, come capita spesso, nessuno lo degna di uno sguardo; allora se ne va a cercare un altro gruppo. Qualcuno, poi, si aggira nella classe come fosse senza meta o si apparta in un angolo come in attesa che capiti qualcosa. Ma il più delle volte non accade nulla.
Lo seguo con lo sguardo: si avvicina agli altri, ma di nuovo si ritrae. Torna al suo posto, si siede, prende un libro e finge di ripassare la lezione dell’ora seguente. A tratti alza la testa, si gira per vedere se qualcuno si accorge di lui. Ma gli altri continuano a parlare autonomamente. Nessuno gli fa caso.
Ci sono bambini “invisibili”, sembrano di vetro: lo sguardo degli altri sembra oltrepassare i loro corpi, sono fragili e sembrano sempre a rischio di rompersi. Non parlano e, se chiedi loro perché stanno da soli, rispondono che va bene così. Io so che non è vero e mi chiedo ogni giorno cosa posso fare per aiutarli ad inserirsi.
A undici anni riuscire a stare con gli altri è importante, come per il bambino di un anno imparare a camminare. Non è facile rapportarsi ai compagni, intessere relazioni serene e costruttive, sapersi confrontare e accettare i momenti di solitudine e di isolamento. I bambini possono a volte vedere una difficoltà più grande di loro e si bloccano, sono presi dal panico, hanno bisogno di una mano proprio come il bambino che fa i suoi primi passi. L’adulto deve vigilare su di loro, lasciarli cadere e rialzarsi da soli quando ce la fanno, ma saper dare loro una mano quando non riescono davvero.
Tratto dal libro: Star bene insieme a scuola si può?