Ha visto, ce l'ho fatta! (Rincontrarsi su Facebook)


E’ ben noto il caso di quel ragazzo versatile per natura, che senza aver mai preso lezioni di belle arti né studiato con maestri privati e non disponendo di altro strumento che di un temperino, in poco tempo trasformava un ciocco di legno grezzo nel più rifinito e perfetto orso d cui parlerebbero le storie della scultura, qualora avessero la vocazione di occuparsi di talenti rustici e paesani. Invariabilmente, la gente del posto si stupiva della sua rapidità e del suo tratto raffinato, e altrettanto invariabilmente il ragazzo rispondeva ai curiosi: “Non c’è niente di difficile. Prendo il pezzo di legno e resto lì a guardarlo finché vedo l’orso. Poi, c’è solo da togliere il superfluo”. Così il nostro ingenuo scultore ci dà in una sola volta due lezioni magnifiche: la lezione delle modestia e la lezione della generosità. Ci rivela senza mistificazioni né inganni come dovremmo procedere per creare un orso: guardare dove non c’è e, con il solo sguardo, costringerlo a comparire”. (…)



L’orso è lì, già lo vediamo, ma fra lui e queste nostre mani goffe c’è una muraglia di legno impenetrabile, con nodi durissimi, venture intrattabili, traditrici morbidezza della fibra: è fin troppo evidente che ci sarà bisogno di molto ingegno e di molta arte per aprirsi una strada e farne un viale su cui possa posarsi, infine compiaciuto, uno sguardo d’intenditore. L’arte, in fin dei conti, non è facile, il ragazzo degli orsi si è divertito alle nostre spalle.

Eppure ben imprudente sarebbe chi osasse giurare che all'interno di ogni pezzo di legno non ci sia un orso in attesa. C’è, c’è sempre. Anche se non riusciamo a vederlo distintamente, siamo almeno capaci di immaginarlo, lo intuiamo, ci appare in lontananza come una luce instabile e lenta, quasi un lumicino che, per così dire, non arrivi a illuminare se stesso.

(…) Ritengo che distinguere e identificarne i contorni, ne vedo farsi nitida e precisa la fisionomia, arrivo al punto di credere che mi basti tendere una mano verso di lui e tenerlo fermo, ma nel momento in cui, trionfante, esclamo “Eccovi l’orso, signore e signori”, mi accorgo che tutto non è stato altro che inganno ed illusione e che io ho da mostrarvi solo quello che vedete: un tronco tagliato, un ceppo, una radice contorta. E allora di nuovo la luce ricomincia a pulsare, come un cuore che chiede:

“Toglimi da qui”.
Josè Saramago 

Essere educatori non vuol dire agire proprio come questo ragazzo che riesce "a vedere" ciò che può "venir fuori" da un "un ciocco di legno grezzo"? Ma per vederlo bisogna imparare a "guardare", a osservare con pazienza, a saper attendere fino a quando "l'orso" non si rivela ai nostri occhi. E poi ad aiutarlo a venire fuori.
Saramago sa che non è un lavoro facile: a volte sembra di riuscirci, ma tutto si rivela un'illusione e la tentazione è rinunciare, dichiararsi sconfitti.
Ma, quando desistiamo, ecco che di nuovo  qualcosa ricomincia a "pulsare", come "un cuore che chiede: "Toglimi di qui".
Ricordo un ragazzo che a tutti sembrava ingestibile, refrattario ad ogni regola, intelligente, ma senza nessuna voglia di applicarsi. Ho dialogato con lui, ho cercato mille strade, gli ho fatto mille proposte, ed un giorno davvero mi sono sentita assolutamente impotente.
L'ho allora chiamato e gli ho detto che avrei rinunciato, che non avevo saputo aiutarlo e non sapevo davvero più cosa fare. Ricordo il suo sguardo. Era uno di quei ragazzi che sempre ti sfidano, arrogante e sicuro di sé (all'apparenza). Improvvisamente i suoi occhi sono diventati tristi e, quella fragilità che aveva sempre voluto nascondere, è venuta fuori in tutta la sua drammaticità.
Inaspettatamente con gli occhi lucidi mi ha detto "Non rinunci per favore". Gli ho fatto presente che nulla di quello che avevo tentato di fare aveva spostato il suo comportamento, che avevo "perso" con lui. 
Lui, con voce pacata, come mai l'avevo sentito prima, mi ha risposto: "Lei ha ragione, sembra che non sia servito a nulla quello che ha fatto o detto, ma forse è solo perchè oggi non sono ancora pronto. Io spero che in un domani queste sue parole, questi suoi gesti mi saranno molto utili, ma ho bisogno che lei continui ad affiancarmi". 
Mauro mi aveva insegnato qualcosa di veramente prezioso. Mi aveva detto che sentire che qualcun ci teneva a lui, era importante e che però non potevo pretendere che subito lui riuscisse a "mettere in pratica" quello che gli dicevo. Voleva che io lo aiutassi a "togliersi" dalla situazione in cui si trovava  ma dovevo saper attendere che "lui fosse pronto". Quando? Non stava a me saperlo, ma in lui qualcosa si stava muovendo. Il mio compito era non abbandonarlo.
L'ho incontrato dopo molti anni su Facebook, mi è venuto a cercare e mi ha raccontato cosa aveva fatto in quegli anni in cui non ci eravamo più rivisti. Ebbene aveva ragione lui: oggi è uno stimato elettricista, è sposato  felicemente da dieci anni, ha due figli ed è "un uomo sereno". Poi ha concluso il messaggio dicendomi "grazie per aver creduto in me, ma anche io ho creduto in lei. Ha visto, ce l'ho fatta!".