Ma allora è possibile: la scuola di Lamezia Terme e Maria Miceli



Verso la fine dell’anno scolastico passato, sono andata a trovare Maria Miceli e la sua scuola “Don Milani” a Lamezia Terme. Mai avevo sentito un’emozione così forte. La scuola, come l’avevo sempre pensata, era lì davanti a me. Allora, mi sono detta, “ma allora è possibile”. 
Ma cosa rende questa scuola così particolare ai miei occhi?
Come tante scuole in Italia è intitolata a “Don Milani”, per me un grandissimo maestro. In un momento in cui il pensiero sulla scuola appare minacciato dalla frammentazione, dalla mancanza di orizzonti, Maria Miceli e tutti i suoi collaboratori hanno trovato ispirazione in questo uomo che ha dedicato moltissimo all’educazione proprio di quelli rifiutati dalla scuola tradizionale. Ha raccolto l’appello dei ragazzi che hanno scritto “Lettera ad una professoressa” per rispondere alle loro domande e lasciarsi guidare dalle loro indicazioni e dalla loro forte denuncia.
E’ questo il punto fondamentale. Sempre dovremmo avere in mente la domanda esplicita o implicita di ogni ragazzo e in particolare di quelli in difficoltà: E adesso chi pensa a me? In Maria Miceli questa domanda è sempre stata molto chiara e ogni volta che si è presentato un bambino con dei problemi o delle difficoltà si è sempre chiesta: “cosa posso e cosa possiamo fare per lui?”. Da questa domanda comincia la sua ricerca che coinvolge tutti coloro che insieme a lei stanno lavorando.
Mi è sembrata una scuola-casa quella di Maria, dove chi bussa trova una porta aperta, anche un cane randagio o dei gattini spersi. Dove può entrare la vita in tutte le sue sfaccettature, perché è dalla vita che deve iniziare il nostro insegnamento ed è nella vita che deve lasciare i suoi frutti la cultura.
Uno dei principi guida di don Milani è che ogni individuo deve poter credere, all'interno della comunità scolastica, che la sua presenza sia significativa anche se è portatore di un disagio, anche se ha difficoltà ad inserirsi, anche se per lui è difficile apprendere: deve saper con chiarezza che gli viene riconosciuto il diritto di “manifestare la sua unicità personale”, ma deve soprattutto aver la consapevolezza che anche lui lascerà la sua traccia e col solo fatto di “esserci” concorrerà ad arricchire la scena di quel mondo.
Quello che mi ha molto colpito mentre guardavo tutti coloro che abitavano in quella scuola era che ogni soggetto era al tempo stesso spettatore ed attore. Forse un po’ superficialmente, quando parliamo di scuola attiva, abbiamo calcato la mano sulla necessità che tutti si sentissero protagonisti e poco abbiamo detto sulla necessità anche di saper essere spettatori.
Essere spettatori vuol dire imparare l’ascolto, vuol dire guardare l’altro, riconoscerlo e agire tenendo conto di lui e di chi è con te. Ognuno deve sentirsi ascoltato, ma deve a sua volta imparare ad ascoltare, deve agire, ma sapere che la propria azione interagisce con quella degli altri e diventare quindi responsabile di quello che fa.
Un bambino, quindi, può andare dalla direttrice liberamente per parlarle, e la direttrice, quando passa, ha gesti continui di attenzione per tutti quelli che incontra. Tutti solo lì per collaborare ad uno stesso progetto di vita, questo è il sentire comune. 
Ognuna di loro è portatore di memoria e ognuno ha la percezione che ogni giorno lo apra a qualcosa di nuovo. Di questo, alla don Milani, sono consapevoli sia bambini che adulti. “Tre anni fa abbiamo fatto…” “Giovedì siamo andati…” “un anno fa è successo…” “oggi ho visto… e mi è sembrato che…” “Ricordate quando dicevamo, quando abbiamo fatto, quando è successo… Tutti hanno qualcosa da raccontare.
Spetta a noi adulti dare ai ragazzi il gusto della memoria, quella che riguarda ognuno di loro e la propria collettività, siamo noi che dobbiamo dar loro la sensazione che quello che fanno non passa invano: che ricordiamo ciò che erano quando sono arrivati, i loro passi, le loro conquiste, dando rilevanza a ciò che stato detto e fatto e alle emozioni ad esse legate. E dobbiamo fare in modo che anche loro credano nel proprio cambiamento, e anche nel cambiamento degli altri.  Questo vuol dire costruire l’appartenenza al gruppo classe, alla scuola. Ognuno entra a far parte del proprio “paesaggio interiore”. Ecco perchè ho definito la scuola di Maria Miceli una casa-scuola.
Sono uniti i bambini, ma sono uniti anche gli adulti che in ogni angolo, appena hanno un momento di tempo, discutono insieme, cercano strade, si scambiano pareri. E si aiutano quando qualcuno è in difficoltà. Ed è così che è stata pensata la scuola anche nei suoi arredi.
Il tempo alla don Milani di Lamezia Terme mi sembra aver trovato la sua giusta misura e il suo giusto ritmo: un tempo vissuto individualmente, carico delle proprie emozioni e dei propri vissuti, ma anche un tempo di forte condivisione.
Ora Maria Miceli ha ceduto il suo posto di dirigente didattica, ha dovuto andare in pensione.. Ma quello che ha insegnato a chi l’ha incontrata è che il cambiamento è possibile, solo se parte prima di tutto da noi, dalla nostra forza di non scoraggiarsi, mettendo fuori gioco “la prevedibilità del futuro”. E’ così che ogni ora è un’ora, ogni giorno è un giorno e il tempo non è un ripetersi del “sempre uguale”, ma l’aprirsi di nuove possibilità, nuovi stimoli, nuovi pensieri, nuove sfide da affrontare: un viaggio in cui ogni tappa può diventare una sorpresa. E' così che restituisce valore alla quotidianità.
Un grazie quindi a Maria Miceli, a chi ha lavorato con lei e alle tante persone che lavorano in silenzio senza arrendersi mai. Allora può diventare vero quello che dice la Arendt: 
l’agire è in grado di far sprigionare le scintille di un attimo

E' con questo spirito che ritorniamo a scrivere sul blog: abbiamo bisogno di credere che ognuno di noi può, se lo vuole, fare la differenza, là dove lavora e vive, che, come ho intitolato il mio libro ormai qualche anno fa, "Star bene a scuola si può". Su questo avviamo la riflessione. Speriamo così di poter far volare come i ragazzi di Lamezia Terme fanno ogni fine anno i nostri aquiloni di speranza e di progettualità creativa.