"Apprezzo tanto due piccole paroline: non so”


L'ispirazione non è un privilegio esclusivo dei poeti o degli artisti in genere. C'è, c'è stato e sempre ci sarà un gruppo di individui visitati dall'ispirazione. Sono tutti quelli che coscientemente si scelgono un lavoro e lo svolgono con passione e fantasia. Ci sono medici siffatti, ci sono pedagoghi siffatti, ci sono giardinieri siffatti e ancora un centinaio di altre professioni. Il loro lavoro può costituire un'incessante avventura, se solo sanno scorgere in esso sfide sempre nuove. Malgrado le difficoltà e le sconfitte, la loro curiosità non viene meno. Da ogni nuovo problema risolto scaturisce per loro un profluvio di nuovi interrogativi. L'ispirazione, qualunque cosa sia, nasce da un incessante “non so”.(…)


Ogni sapere da cui non scaturiscono nuove domande, diventa in breve morto, perde la temperatura che favorisce la vita. (…)
Per questo apprezzo tanto due piccole paroline: “non so”. Piccole, ma alate. Parole che estendono la nostra vita in territori che si trovano in noi stessi e in territori in cui è sospesa la nostra minuta Terra. Si ripetono la parola “non so”, “ le persone di animo inquieto ed eternamente alla ricerca”.

Dal discorso tenuto in occasione del conferimento del Premio Nobel da Wisława Szymborska,1996
Come insegnante, non credo che sia possibile risolvere tutti i problemi, l’insegnamento non è un lavoro facile. Ci troviamo in mezzo a tanti bambini, a tanti ragazzi così diversi uno dall'altro! Capacità, storie, famiglie, provenienze diverse. Situazioni complesse e distanti dalla nostra esperienza, da qualsiasi cosa ci abbiano insegnato e spesso ci sentiamo impotenti e stanchi. Il nostro lavoro non gode di una grande considerazione e questo certo non aiuta. La politica non dimostra di sicuro sensibilità nei confronti dei problemi e delle sfide che ci troviamo ad affrontare e spesso ci lascia soli. I genitori ci fanno le richieste più disparate e il dialogo con loro può diventare molto difficile.
Eppure molti insegnanti, molti più di quelli che si potrebbe credere si impegnano con grande serietà e professionalità. Questo lavoro è davvero "un' incessante avventura", spesso ci sentiamo in un labirinto senza uscita, capita di sbagliare strada e ci è difficile ritrovarne una migliore e più efficace.
Ma proprio perché così, il nostro è un lavoro che bisogna amare. Bisogna amare quei bambini e quei ragazzi di fronte a cui spesso ci sentiamo impotenti e di fronte a cui ci ritroviamo a dire "non so", “non so cosa fare”. Ma questo "non so" ci può aiutare a "cercare", a "chiedere aiuto", "a provare", ma soprattutto a non dire mai "non c'è niente da fare". Purtroppo, se esistono molti che, di fronte alle difficoltà non si arrendono, ne esistono altri che troppo presto dicono "non c'è niente da fare". 
Mi viene in mente quello che una ragazza molto problematica un giorno ha detto della sua insegnante: “mi sgrida, a volte è dura con me, ma non mi molla”. Ecco, forse questa è l’unica cosa che so di voler fare: non mollare.
Come dice Zagrebelsky,   chi crede nella democrazia “è convinto che tutto è migliorabile, che arrivare ad un punto non vuol dire aver raggiunto la meta, che siamo alla ricerca e continuamente in cammino. Che in ogni situazione, "c'è sempre un lato rimasto in ombra che chiede e può essere portato alla luce", che ci sono sempre possibilità da esplorare per andare “oltre" , che bisogna anche tener conto della possibilità di momenti d’arresto,  che “il successo non è affatto escluso, ma non è nemmeno assicurato".