Restituire ai ragazzi la scuola come luogo di crescita


Nell'altro post Maria Teresa ci ha parlato di cosa tanti soggetti vorrebbero trovare nella scuola. A questo proposito continuiamo a ripercorrere il blog per riprendere dei commenti e continuare un dialogo con chi visita questo blog e interviene. Avevamo parlato in un post di una ragazza che di fronte ad un compagno preso in giro e isolato dagli altri, si era rivolta ai propri insegnanti per chiedere che prendessero in mano la situazione. La loro risposta è stata: nei rapporti fra di voi dovete arrangiarvi perché noi dobbiamo andare avanti col programma. 

Questo atteggiamento è più diffuso di quanto non si pensi. Scegliamo due commenti a quel post che hanno messo a fuoco appunto questi problemi.

Emanuela racconta: “Mia figlia in questo inizio di anno scolastico è stata oggetto di minacce da parte di alcune compagne, in un primo tempo le ho detto di gestirsi la cosa direttamente con le compagne o con i professori, poi le minacce si sono allargate all'esterno della scuola con l'intervento di ragazzi più grandi.
Ne ho parlato con alcuni insegnanti pensando che potessero intervenire loro, ma hanno fatto sì che mia figlia fosse ancora più isolata.

Ho dovuto segnalare la cosa alla preside che per prima cosa ha accusato me e mia figlia di inventarci tutto e mi ha offerto di darmi il nulla osta per spostare mia figlia in un‘altra scuola, non ho accettato, ho combattuto perché se ne parlasse con i genitori delle ragazze coinvolte in una riunione dei genitori.

Per fortuna qualche professore ha iniziato ad aprire gli occhi e si è accorto che in classe il clima è tesissimo, che ogni piccolo errore è motivo di presa in giro da parte del resto della classe, che nessuno vuole leggere ad alta voce, o cantare, o suonare. Se ne è parlato in riunione dei genitori in presenza dei professori e poi solo tra genitori, sembra che la situazione sia migliorata.

Ma nessuno sta facendo nulla per la "bulla" che in realtà è la ragazza che più di tutti ha bisogno di essere aiutata”.

Alessandra commenta: “La risposta degli insegnanti di questa ragazza è alquanto vergognosa, se così posso definirla. Io credo che essere insegnanti non vuol dire solo far imparare ad un ragazzo dei concetti, interrogarlo e mettergli un voto. Certo, anche far questo rientra nella didattica di un insegnante, perché nella realtà è così, ma che esempio si dà ai ragazzi se non gli si presta ascolto e non li si aiuti quando lo richiedono? Io credo che un insegnante, per essere definito tale, non debba solo portare avanti un programma, ma soprattutto educare, prestare ascolto agli alunni, cercare di dialogare, di fargli capire che sbagliano ad adottare determinati comportamenti nei confronti dei compagni e che non bisogna prendere in giro nessuno, né tanto meno alzare le mani. Se non si presta ascolto, se non li facciamo riflettere sui loro errori e comportamenti sbagliati, come cresceranno questi ragazzi? Non bisogna dimenticare che i ragazzi sono il futuro della società e bisogna tirar fuori il meglio di loro, le buone qualità e non la violenza fisica e morale. Credo che una lezione di vita vale più di una qualsiasi altra lezione scolastica”. 

Noi abbiamo un compito come educatori che non possiamo eludere con scuse di comodo: dobbiamo restituire a bambini e ragazzi la scuola come luogo essenziale di crescita per ogni alunno. E’ interessante riscoprire il significato vero di questa parola partendo dalla sua etimologia. Alunno ha la stessa radice del verbo latino al-o  che vuol dire: alimentare, nutrire, far crescere. La domanda allora è: cosa aiuta il bambino a crescere, di cosa si deve nutrire per crescere in modo sano. Basta “istruirli”? E questa “fretta” che sembra precedere ogni nostro discorso ed ogni nostra azione è davvero di aiuto a noi nello svolgere il nostro compito educativo? Ne siamo davvero convinti? Per andare dove e portandoci dietro chi? Si può veramente dire che  coinvolgersi nelle loro dinamiche, prestare attenzione ai loro problemi non è un nostro compito? A chi dovrebbero rivolgersi visto che passano molta parte della “loro” vita nella “loro” scuola? Non è di fatto anche un po’ “casa loro”? E in una casa non si dovrebbe imparare a prendersi cura di se stessi e degli altri? Chi deve insegnare loro come rapportarsi agli altri?
Emilia e Maria