Crescere i più piccoli è una cosa che ci riguarda tutti…


Irina è una mamma,  e suo figlio rischia la bocciatura: così le è stato detto alla riunione della scuola, e lei si sente molto preoccupata. Il successo del figlio è ciò a cui tiene di più, è l’obiettivo che la spinge a lavorare e a lottare contro gli ostacoli quotidiani, in un paese per lei straniero. Le è stato detto che quel che serve è un doposcuola, ma lei di certo non ha soldi da offrire a chi aiuterà suo figlio: ha solo le sue braccia, che sanno pulire e cucinare, ha un po’ di tempo (poco), e ha il suo grande cuore.
Rossana è un’insegnante, e si sente impotente: per ottenere qualche risultato con ciascuno degli alunni della sua classe dovrebbe fare loro lezione anche il pomeriggio, e la sera, e la notte… i loro bisogni sono così enormi, articolati, differenti, le loro storie così delicate e fragili, la sua solitudine così immensa… Sempre più spesso si trova a ripetere alle mamme e ai papà che si deve dare più aiuto ai loro figli: ma riceve in cambio solo sguardi smarriti. Eppure un modo ci deve essere….

Stefania è da pochi giorni in maternità e ogni giornata è tutta da inventare: Giulio e lei hanno portato a casa dalla Russia il loro bambino, Danil. Stefania è emozionata e felice, ma è anche confusa perché riceve messaggi contrastanti: le è stato raccomandato di offrire tanta presenza e tanto affetto a Danil, in questo primo periodo di così grande cambiamento, ma le è stato anche raccomandato di inserirlo subito a scuola per non perdere tempo e non trascurare le possibilità di integrazione in mezzo ai coetanei, e poi c’è da imparare la lingua… come si può mandarlo fuori e tenerlo vicino al tempo stesso, questo bimbo? Mentre si macera nei dubbi, pensa che ci vorrebbe un po’ di gradualità….
Guido è un papà con tanto desiderio di essere presente nella vita dei suoi figli, ma non sa come farlo poiché lui e i ragazzi non vivono più sotto lo stesso tetto. Di certo, in questa fase della vita, non può pretendere aiuto dalla sua ex moglie; al tempo stesso è molto consapevole del fatto che i suoi figli – maschi – hanno bisogno di vederlo interagire con l’altro sesso in modo positivo: ne va del loro equilibrio, della loro identità, del loro futuro. E anche lui ha tanto bisogno di dare, di dare presenza, punto di vista, sensibilità, concretezza: ne ha bisogno per sentire nel profondo di non avere fallito del tutto.
Adriana, Laura e Titti hanno dalla vita imparato ad ascoltare: oggi sono delle volontarie, che tengono gli occhi aperti sulle necessità che fioriscono nel tessuto del loro quartiere. Non possono fare a meno di ritagliarsi qualche ora, ogni settimana, per stare un po’ di tempo con qualcuno. Beh, non sanno ancora bene con chi, e dove, adesso: ma loro, intanto, ci sono.
E c’è anche Martina, una bimba dagli occhi dolcissimi, che oggi gli adulti chiamano “certificata”. Lei va a scuola, di mattina, come tutti; ma il suo ritmo non corre così veloce, i suoi sentieri a volte si perdono e c’è bisogno di aspettare. La sua mamma ormai sa bene che non tutti i giorni sono uguali, e cerca un posto…un posto che sia scuola, sì, ma scuola di vita più che di nozioni, sempre scuola a pari dignità con quella “vera”, ma che sia anche un rifugio, da usare solo certi giorni per ricaricare le batterie e poi rituffarsi nella lotta…un tale posto ancora non c’è, ma la mamma di Martina – se potesse – lo costruirebbe con le sue mani, lo dipingerebbe, lo terrebbe pulito, farebbe da segretaria o qualunque altra cosa le venisse chiesto.
In un posto così ci andrebbe volentieri anche Roberto, che di professione fa il farmacista, ma oltre a questo ha a cuore la protezione civile ed il benessere comune;  insieme ad un gruppo di colleghi già si reca nelle scuole ed incontra gli studenti, parla con loro di questioni di salute e di comportamenti che intrecciano il piano individuale con quello collettivo.  Roberto pensa che sarebbe bello incontrare dei  genitori, degli insegnanti, dei ragazzi, dei cittadini, a scuola ma non solo.
Anche Silvia pensa che – in quel luogo – potrebbe accompagnare dei ragazzi interessati a fare del volontariato, mentre Sergio inizia ad immaginare che pure i genitori dei bambini ricoverati in ospedale avrebbero bisogno di sentirsi a casa in qualche posto, e di trovare delle idee per i loro figli…anche questi ultimi, infatti, passano settimane senza frequentare la scuola…. E Giovanni aggiunge che quel luogo potrebbe aprire la porta – alle ore tredici, dopo lo squillo di tante campanelle scolastiche, - anche a Samir, Sita e a tanti altri come loro, che hanno fame perché a casa non c’è niente da mangiare, e intanto Giorgia ricorda che non sarebbe male se si invitassero a mangiare anche i loro genitori, che invece hanno fame di autostima, non sanno più chi sono: quando raccontano di là dove sono nati, i loro figli rispondono solo con disprezzo e fanno finta di non stare a sentire. Anche Angela, che ha in braccio un neonato e lo alleva da sola, ricaverebbe tanta speranza da queste storie e da questi incontri.
Questo luogo sognato non si vede….ma qualcuno lo sta descrivendo attraverso dei  frammenti, i mattoni che ciascuno potrebbe portare, quel “di più” che ognuno aggiunge raccordandosi a quello degli altri, e forse un giorno esisterà:  perché c’è bisogno di scuola anche accanto e intorno alla scuola, perché crescere i più piccoli è una cosa che ci riguarda tutti…. perché alcuni di noi non vogliono lasciare impallidire il ricordo di un certo convegno, che parlava di democrazia come di un patrimonio di tutti noi…
Maria Teresa
Illustrazione di Banskj