Conversazione con A. Canevaro (2): Imparare dall'imprevisto


E: Trovo molto vero il legame tra meritocrazia e tempo. Quante volte ho sentito pronunciare dagli insegnanti queste frasi: "non perdiamo tempo", "tu mi fai perdere tempo". Tutto ciò che "rallenta" viene visto come la perdita di un "qualcosa" non ben definito, ma indiscutibile. Chi è portatore di handicap ci regala come valore fondamentale la riscoperta della lentezza come indispensabile prerogativa per l’ascolto e la costruzione di rapporti profondi.
Se la meritocrazia esclude, quindi, i più deboli, non trovi che non faccia bene neanche a chi è considerato "normale"? La meritocrazia porta i bambini a negare quella parte di loro che è fragile, porta a nasconderla con delle conseguenze inevitabili. Ricordo proprio dei miei allievi che mi avevano detto quanto un loro compagno disabile li aveva aiutati a capire meglio se stessi, anche il loro lato debole e a non sentire più la vergogna di parlarne. La meritocrazia, quindi, non costringe tutti a vivere una vita negando, in un certo senso, una parte di sé? Potersi sentire fragili non aiuterebbe maggiormente i ragazzi ad affrontare i loro problemi e i loro limiti partendo da quello che sono, piuttosto che da un modello che non appartiene loro?
Ti faccio queste domande anche per una mia convinzione: una scuola, a misura dei disabili, è una scuola anche a misura di tutti gli altri bambini e ragazzi. Non è questo un messaggio che bisogna portare avanti con tutti gli insegnanti e genitori?


C.: I meriti possono essere promossi attraverso la valorizzazione di chi presenta originalità non previste. Bisogna imparare dagli imprevisti. L’educazione, la formazione, possono realizzarsi se e perché l’altro (allievo) è attivo. Il voler togliersi di torno gli imprevisti vuol dire far ricorso a strumenti che possono sembrare rigorosi (selezione, bocciatura, severità…) e scientifici ( farmaci, trattamenti differenziati, specialismi…). Ma togliersi di torno gli imprevisti vuol dire rinunciare alle innovazioni. Gli economisti ci dicono che questa rinuncia significa declino. Le innovazioni derivano dall’accettazione delle sfide che chi non era previsto ci pone.

Le innovazioni didattiche derivano in massima parte dall’incontro con chi non era previsto e può insegnare qualcosa all’insegnante. Ma anche le innovazioni industriali nascono dall’incontro con gli imprevisti. Fanno fare uno scarto rispetto agli standard ed alle routines e producono novità che permettono nuovi successi. La medicina è un altro campo in cui le innovazioni positive si producono grazie anche al fatto che i medici non rifiutano di soccorrere chi ha problemi diversi da quelli che erano stati previsti e per cui erano già preparati. Devono porsi nuovi problemi che esigono nuove terapie e non la replica di quelle abituali.