Conversazione con A. Canevaro (3): Il segreto della pipa
Sabato
il convegno è stato davvero un bel momento di condivisione. Si tratta ora di
raccogliere idee, suggerimenti e ognuno nel luogo dove abita può aiutarci ad
andare avanti in modo costruttivo. “Abbiamo cercato un momento in cui mettere
insieme ed ora speriamo che il dibattito continui, che ognuno di noi favorisca momenti
di incontro là dove è impegnato. Abbiamo
bisogno di ritrovare sensi e significati al nostro agire e abbiamo bisogno di
condividere con altri il cammino che stiamo facendo. Se qualcun altro vorrà mandarci
i suoi contributi, raccontarci delle sue esperienze, dei suoi successi o
insuccessi saremo molto contenti di pubblicarli su questo blog che deve
diventare la casa di tutti coloro che credono in una scuola per tutti, in un
mondo per tutti.
Io voglio condividere con voi un altro parte dell’intervista
con Canevaro
E:.
In un convegno tu suggerivi di “fare economia di indignazione”, di
indirizzare la nostra indignazione verso priorità, ridefinendo paletti
essenziali. A quali priorità e a quali
paletti pensavi?
C.:Le
nostre giornate sono bombardate da fatti che ci fanno indignare. Il rischio è
di banalizzare le indignazioni, indignandoci più volte al giorno in maniera
reattiva e frantumata.
Potrà
sembrare che divaghi, che la prenda molto alla larga parlando di Cervo Mite,
un indiano del sud del Dakota nato nel 1903 e morto nel 1974. Diceva: “Tutti
noi dobbiamo imparare a vederci come parte di questa Terra, non come un nemico
che viene dall’esterno e cerca di imporre la sua volontà. Noi, che conosciamo
il Segreto della Pipa, sappiamo anche che, in quanto parte vivente di questa
Terra, non possiamo farle violenza senza ferire anche noi stessi.”
Cervo Mite può dirci qualcosa di utile per la nostra riflessione. Vederci come parte di questa terra significa ragionare sull’appartenenza. Il Segreto della Pipa, per le nazioni indiane, era l’evocazione di un simbolo ma anche di una possibilità concreta, quella di incontrare l’altro e avere un mediatore, la pipa. La pipa è un simbolo che collega al respiro del mondo, quindi ha una possibilità di non agire unicamente con la propria solitudine, ma aspettare che il respiro del mondo suggerisca. Si potrebbe anche dire ‘prendere tempo’: invece di scandire immediatamente le nostre idee, avere un oggetto mediatore che ci impegni e ci permetta di aspettare. Non solo aspettare che una decisione già realizzata nel nostro animo, nella nostra testa, cambi, non esista più, sparisca, ma anche, eventualmente, aspettare per trovare il modo per realizzare quella decisione senza ferire.
In
un altro punto Cervo Mite diceva: “Il fumo della nostra sacra Pipa è il respiro
del Grande Spirito. Quando noi sediamo insieme e fumiamo la Pipa formiamo un
cerchio, che è senza fine e circonda tutto ciò che esiste sulla Terra.”
Queste
sono evocazioni un po’ romantiche, si potrebbe dire, ma suggeriscono anche
degli atteggiamenti pratici che vanno rapportati a qualcosa di invasivo; sono i
modelli che per far breve diciamo ‘televisivi’. Il calumet della pace, la
pipa della pace, significano proprio la
possibilità di cercare una modulazione di comportamenti e cercare di
trasformare una decisione fatta di diversità varie in qualcosa di costruttivo,
che permetta a tutti di avere un riconoscimento di dignità.
Per
farlo bisogna avere occasioni e luoghi. Appuntamenti. Dobbiamo costruirli senza
pregiudizi. Anche un centro commerciale può offrire occasioni di appuntamento
per mettere insieme persone, ciascuna con la sua originalità o diversità, e
cercare insieme di costruire un progetto che permetta di mettere ciascuno le
proprie capacità in modo da rispondere ai bisogni di cui ciascuno è portatore.
E’
in parte il kennediano domandarsi cosa possiamo fare per la nostra collettività
e soprattutto che cosa le istituzioni possono fare per noi.
Sono convinto che la nostra “pipa” sia il dialogo circa i
nostri bisogni, le nostre debolezze, le nostre solitudini. Sto vivendo una bella esperienza.
Ogni 15 giorni, in una grande area commerciale – IperCoop del LungoSavio, a
Cesena – per due ore di un pomeriggio,
chi fa la spesa può fermarsi a scambiare due parole su questi temi per capire come si possano creare
reti sociali solidali. La
“pipa”/dialogo, superati i tempi inevitabili delle lamentazioni, funziona.