Valutare cosa e come?

"Che cosa giudicano le valutazioni scolastiche, che cosa ignorano, che effetti producono?" questa la domanda che pone Umberto Galimberti.
Le valutazioni hanno la pretesa, sempre di più, di basarsi su dati oggettivi. Siamo sicuri che sia possibile? Proviamo a riflettere su alcune questioni di fondo.
Che cosa valutiamo in un ragazzo? Prima fra tutte le questuioni: valutiamo il cammino o valutiamo il percorso che ha fatto?
Se teniamo presente l'alunno e il punto da cui è partito un cinque può essere un grande punto di arrivo che, però, non viene mai premiato perchè comunque lo relega sempre tra coloro che "non sono capaci".
Racconto un'esperienza fra le tante. Carlo è un ragazzo in difficoltà e un giorno mi chiede se posso aiutarlo per il compito di scienze. Io insegno lettere, ma accetto. Ci troviamo un'aula vuota (non cosa semplice), perchè un lavoro individualizzato con un ragazzo non trova spazio in molte scuole. Lo aiuto a studiare: leggiamo il testo insieme, semplifico, dove è possibile, il linguaggio, mettiamo a margine le parole più complicate che studieremo dopo quando avrà capito il concetto, prepariamo degli schemi per memorizzare e collegare i vari fenomeni fra di loro, proviamo a memorizzare e ad esporre in un linguaggio semplice ma corretto concetto, dopo concetto. carlo ce la mette tutta. Mi segue e, se non capisce, mi ferma. Io riprovo a spiegare fino a quando lui mi fa cenno di sì, posso andare avanti. Il lavoro posegue nei giorni fino a quando non arriva l'ora della verifica. La collega di scienze sottopone a loro un compito e afferma: "E' talmente semplice che per avere la sufficienza dovranno rispondere correttamente a tutte le domande".
Carlo risponde molto bene a sei su dieci. Voto: 5. La delusione è talmente grande che piange e si chiede a cosa serve tanta fatica per studiare se tanto non arriva mai alla sufficienza.
Forse gli sarebbe anche solo servito sentirsi dire "Bravo, hai fatto un bel progresso, ora ti aiuto a progredire ancora di più". Forse così si sarebbe potuta evitare la sua frustrazione  e contrastare la sua disaffezione allo studio che diventa inevitabile quando non c'è nessun riconoscimento da parte di un insegnante per cui Carlo rimane "uno che non ce la fa".
Questa è la realtà di tanti ragazzi, che se aiutati e sottoposti a prove adeguate al loro livello, vanno avanti nelle loro conoscenza, migliorano, forse più lentamente degli altri, con molta più fatica. Non si sentono però mai dire nè bravi, nè tanto meno raggiungono la sufficienza.
"La scuola italiana ha come sua misura il programma e non il curriculum dello studente, per cui un cinque è un cinque senza molte distinzioni. (...) Un professore non sente di potersi far carico di biografie individuali".
Umberto Galimberti
Ed oggi che viene privilegiata la media numerica dei voto succede questo: un ragazzo che ha come voti 4, 6, 8 ha la stessa media di chi ha 8,6,4, ma il percorso è stato lo stesso?