Il diritto ad un'educazione permanente

Le testimonianze sono fondamentali. La teoria si costruisce nel vuoto se non si ascoltasse ciò che dice chi vive l'esperienze sulla propria pelle, se non si tenesse conto dei vari punti di vista e se alla fine non si scegliesse cosa fare partendo da un interesse comune: il bene del bambino. Si può sbagliare, il guaio non è nell'errore che è umano commettere, ma nel rifiuto di riconoscerlo. Si può e si deve tornare indietro senza la paura che questo possa costituire un insuccesso.
Ben volentieri allora postiamo questa storia che ci hanno scritto Emilia (un'altra Emilia) e Giusi che ci raccontano la storia scolastica di un bambino adottato che proveniva dall'Etiopia..

Come una medicina amara aveva purtroppo preso la scuola il piccolo M., un bel bambino – forse un po’ vivace – con le treccine strette strette e grandi occhi interrogativi, giunto dall’Etiopia da circa un anno portato dai suoi nuovi genitori, genitori del cuore.
Un piccolo paese, una scuola elementare con un’insegnante forse impreparata. 
Già le cose non erano andate molto bene all'oratorio a causa di un educatore non proprio adeguato…ma la speranza era stata che la scuola avrebbe aiutato anche i bambini (che poi sono gli stessi che vanno all'oratorio) a comprendere la diversità e ad accogliere il nuovo compagno.
Già in prima elementare i genitori si sono accorti di quanto invece le cose si complicavano con una maestra che in realtà non sembrava “adeguata” alla situazione..
Con la seconda elementare i genitori si sono rivolti all’Anfaa anche in previsione della “storia personale”. C’è stato un accordo tra i genitori (appoggiati da un’insegnante ANFAA) ed il dirigente scolastico per un percorso didattico adeguato alla situazione ma – improvvisamente – le maestre presentano un ampliamento del percorso stesso che ne vanificherebbe la reale comprensione da parte di bambini e genitori; il dirigente annulla il programma.
All'inizio della terza elementare arriva un nuovo dirigente scolastico, i genitori si fanno avanti per sensibilizzarlo sul problema visto che il bimbo è sempre più restio ad andare a scuola con questa maestra che pare lo faccia apposta a punzecchiarlo.
Una mattina – dopo l’ultima provocazione e la segnalazione della cosa da parte dei genitori – il dirigente sostituisce la maestra. Da quel momento le cose vanno man mano sensibilmente meglio ed il bambino si dimostra, tra l’altro, intelligente e creativo. 
Una storia come questa è sicuramente più diffusa di quanto si pensi. Ci fa riflettere sull'inadeguatezza della scuola ad affrontare certi temi, sull'impreparazione educativa, ma anche personale, di molti insegnanti. Non basta, anche se possiamo molto apprezzarlo, il coraggio di un dirigente a prendere in mano la situazione.
Negli ultimi anni, nella scuola di ogni ordine e grado, i corsi di formazione, gli incontri di gruppo sono andati via via scomparendo per lasciare il posto alla buona volontà personale, che non sempre è supportata da indicazioni pedagogiche valide.
Gli insegnanti, noi diciamo spesso, hanno perso il loro ruolo sociale e come tali sono di conseguenza recepiti dalle famiglie e dall'opinione pubblica.
Dobbiamo riprenderci questo ruolo, in cui ci hanno cacciato precise scelte politiche, e tornare ad esigere il diritto ad una educazione permanente. 
Giuse ed Emilia