L'aula come luogo di speranza aperto a tutti


Marìa Zambrano nel libro “Per l’amore e per la libertà” parla di "aula come luogo di speranza aperto a tutti", una enunciazione che definisce un programma o per lo meno ce ne dà il senso, la direzione.
Al centro del suo concetto di “educazione” si incontra il concetto di “persona”:
Ecco che anche l’aula dove il ragazzo vive gran parte della sua giovinezza non può che diventare un luogo, uno "spazio educativo", in cui ogni ragazzo dovrebbe sentirsi "accolto", in cui si dovrebbe lavorare per una "relazione" significativa tra adulto e ragazzo, ma anche tra ragazzo e ragazzo. Uno spazio, quindi, che forse dobbiamo ripensare e riimmaginare se è vero quel disorientamento di cui tutti non fanno che parlare.
“la persona umana – dice – costituisce non solo il valore più alto, ma la finalità stessa della storia. Che il giorno benedetto in cui tutti gli uomini saranno riusciti a vivere pienamente come persone, in una società che li accolga in un ambiente appropriato, l’uomo avrà finalmente trovato la sua casa, il suo “luogo naturale” nell’universo”
L’aula può essere intesa nel suo significato etimologico come un luogo “vuoto” o come altri la vedono come un luogo già “pieno”.
L’aula, come luogo vuoto, la possiamo immaginare come uno spazio "da far vivere" proprio nel rapporto allievo-insegnante, un luogo da costruire “insieme” nei reciproci ruoli e e nelle reciproche competenze.
Nell’aula come luogo già pieno, invece, è già stabilito cosa ci deve essere dentro: i ruoli, i metodi e i contenuti sono già definiti a priori e insegnante e alunni, devono quindi solo conformarsi e attenersi alle norme che sono stabilite una volta per tutte, altrimenti ne sono esclusi (cioè chiusi fuori). In questo caso cosa ne faremo di tutti quelli che rimangono “fuori”, cioè di chi non riesce ad adeguarsi? E soprattutto chi definisce ed in base a quali parametri chi è adatto?

L’aula è intesa dalla Zambrano “come uno spazio di speranza aperto per tutti” è un luogo dove ogni alunno, qualsivoglia alunno, possa sperare di uscire più ricco e più forte, più persona, più attrezzato per affrontare la vita, ma soprattutto un luogo dove il futuro possa essere in qualche modo giocato e non precluso, un luogo dove quindi ognuno possa trovare quel “nutrimento” adatto a lui per una crescita più sana e più ricca a partire da ogni diversità (da notare che la parola “alunno” ha la stessa radice di alimento) .
Uno spazio aperto, dunque, dove non si sceglie chi deve entrare o no, ma dove ogni individuo che entra ha “valore” così qual è e al cui interno si sentirà rispettato nel suo particolarissimo modo di essere.Educazione, quindi, come sviluppo “integrale” della persona: del corpo, della mente, dell’intelligenza come della sensibilità, della responsabilità individuale e sociale, come ricerca della propria originalità…
Un’educazione che liberi gli esseri umani, per aiutarli a a diventare persona.

Mi sembra chiaro che in questo luogo ogni studente si sentirà accolto nell’unicità della sua storia. Solo tenendo conto del passato di ognuno, dei suoi vissuti, il futuro può essere un orizzonte aperto e ricco di possibilità a venire.
Condizione importante è che l’insegnante inoltre cerchi soprattutto di fare in modo che in questo luogo, per quanto circoscritto, si possa “star bene insieme” e star bene non vuol dire essere esonerati dalla fatica e a volte dalla sofferenza, ma rispettati.
In questo progetto l’insegnante è protagonista, ma lo sono anche i ragazzi. C’è quindi una corresponsabilità e reciprocità anche se è l’adulto in quanto tale a dover condurre il gioco, a dover prima di tutti mettersi in gioco.
Una scuola in cui tutti imparino ad ascoltare e nell'ascolto dell’altro a comunicare.
Le fotografie sono tratte dal film Essere e avere di Nicolas Philibert